Recensioni metal : l'album Limbo dei Derdian
Recensioni metal : 13 Marzo 2018, è passato un lustro e si può festeggiare l’uscita di “Limbo”, a cinque anni, dunque, dalla autoproduzione (per l’Italia, etichetta Spiritual Beast, invece, per il Giappone), quando correva l’anno 2013, per la precisione il 13 marzo di quell’anno.
Tra
il progressive metal e il power symphonic metal, con bei tocchi di melodic, approda
il gruppo metal Derdian, potente combo milanese che esprime grande talento in
ciascuno dei componenti l’equipaggio.
Da subito, parlando di recensioni metal, in particolare di MetalItalia.com, ma anche di altri autorevoli siti di critica musicale, del
disco “Limbo” mi trovo in disaccordo con taluni recensori metal: trovo ingeneroso
non dare una valutazione eccellente, solo perché i nostri attingono dai Rhapsody;
sarebbe come dire che i Guns ‘n Roses sono solo sufficienti, in quanto
derivativi dai Led Zeppelin… A mio modesto avviso non è un ragionamento
accoglibile. Inoltre anche dal punto di vista emozionale la cosa non ha senso.
E’ vero, il power metal è, originariamente, nel DNA dei Rhapsody, è stato
rielaborato da loro. Peraltro se vogliamo essere precisi il power metal è stato
inventato negli anni ottanta dagli Helloween; i Rhapsody lo hanno intrecciato
con la musica classica sinfonica, anche se gli Helloween stessi hanno ripreso uno
dei loro motivi base da un compositore di musica classica quale Grieg (la loro
canzone Gorgar è un bell’omaggio di alcuni secondi al compositore classico norvegese
Edvard Hagerup Grieg ed alla sua celeberrima “In The Hall Of The Mountain King”).
E’, peraltro, vero che i Rhapsody mettono degli inserti in lingua italiana nei
loro componimenti musicali. Bene, le analogie si esauriscono qua. I Derdian non
hanno inventato un genere musicale nell’heavy metal… beh, bisognerà farsene una
ragione!
Per quanto riguarda le analogie e le differenze con i Rhapsody, penso alla
ricerca del suono e della timbrica degli strumenti: nei Derdian è unica e ben
identificata, non mi riferisco solo alla Saga dei dischi New Era I – II e III, quanto
anche e soprattutto al disco che, tra varie recensioni metal, riguarda quella attuale per l’album
metal Limbo (con una critica musicale track by track).
Recensioni metal : disco LIMBO.
“Da
questa tema acciò che tu ti solve, |Affinché tu ti
liberi da questa paura
dirotti
perch’io venni e quel ch’io ’ntesi |Ti dirò perché sono
venuto qui e ciò che ho capito
nel
primo punto che di te mi dolve. |Nel primo
momento in cui ho provato per te dolore
Io
era tra color che son sospesi, |Io ero
tra le anime sospese del Limbo,
e
donna mi chiamò beata e bella, |Quando mi
chiamò una donna tanto beata e bella,
tal
che di comandare io la richiesi.” |Che io stesso le
chiesi di comandarmi.
(Dante
Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto II)
Limbo
è proprio il disco metal “tra color che son sospesi”: col senno del poi,
pensando al successivo “Human Reset” e, ancora dopo, a “Revolution Era”,
stabilisce uno spartiacque per i Derdian: da tre dischi “concept” che
raffigurano una saga paragonabile a quella della Spada di Smeraldo dei Rhapsody
- la serie della “Nuova Era” - a tre dischi non-concept, nel senso che dà il
rock progressivo alla parola, ovvero si tratta di album non di un unico tema e
trama, non essenzialmente ‘concepiti’ come ciascuno un unico componimento,
bensì pensati come una miscellanea di trame e canzoni, anche se vi sono dei
tratti d’unione musicali ed effettistici tra le canzoni stesse. ‘Conceptus’,
etimologicamente, deriva dal latino, ‘concipere’, derivato di ‘cum’ e ‘capere’,
nel senso originario di ‘prendere insieme’, ma anche di participio passato di
concepire, come la metaforica gestazione di un’unica idea.
Vi
è un altro distinguo da fare: “Limbo” sancisce dal punto di vista strumentale
la maturità artistica dei nostri e dal punto di vista vocale un cambiamento,
con alle corde vocali Ivan Giannini, un cantante superlativo a parere di chi
scrive.
Nelle
canzoni metal dei Derdian, si avvertono appena sottesi alla loro musica due
fonti di ispirazione probabilmente inconscie: le più belle canzoni da Messa (ve
ne sono anche talune bruttine di canzoni da Messa!) e le musiche dei cartoni
animati, con riferimenti alle linee melodiche originali giapponesi, tuttavia,
la fonte di estro artistico primario per loro è e resta la musica classica.
LIMBO, passo a recensire l’album metal track by track, a buon pro di chi ha curiosità e tempo di leggere oltre.
-Intro:
si inizia con “Carpe Diem” più che una intro metal una vera e propria (breve)
ouverture corale che potrebbe essere attinta dall’Aida di Giuseppe Verdi, da
quanto è sontuosa, solenne e da quanto i cori sono ‘epic’ (metal, in realtà),
anche si tratta di cori epici molto più frenetici e brevi di quelli
dell’ouverture del Verdi nazionale. Da subito il riferimento lirico è chiaro:
nel testo, i versi parlano di una nuova stagione (come non vedervi riferimenti
a ciò che si è accennato nell’introduzione alla presente recensione, al fatto
che i Derdian hanno dato alla luce una loro nuova primavera). Il loro Carpe
Diem è un inno alla gioia (giusto per citare un altro genio della Musica,
Ludwig Van Beethoven), alla gioia di vivere: non vivete la vita di altri, una
vita spenta, si legge neanche troppo velatamente tra le righe, bensì vivete
ogni giorno, come se fosse l’ultimo (tanto per non citare Sally di Vasco
Rossi). Molto efficace è anche il verso “Living on a tightrope / I will build a
better life!” - “Vivendo su di una fune tesa mi costruirò una vita migliore”,
che mi ricorda un verso personalmente molto a me caro: “Higher,
It's what I expect
from my life
It's like a wire
That holds me back
down to the ground” - “Più in alto, è ciò mi aspetto dalla mia vita, è come una corda, che mi
trattiene dal cadere a terra…”, scritto dal mitico Michael Kiske degli
Helloween e incipit di “A Little Time” gioiello tra i gioielli di quel grande
capolavoro che è "Keeper Of The Seven Keys - Part I" (1987) degli
stessi Helloween.
-Segue
la vera e propria opener “Dragon’s
Life”, che è ben introdotta dal “Carpe
Diem”, perché è essa stessa un invito a vivere la vita del dragone e non certo
quella del folle, intesa come quella dell’alienato topo da scrivania. Musicalmente,
siamo sul power speed metal, con una sessione di batteria eccellente. Cambi di
tempo e ritmo si alternano dopo il ritornello. I soli di chitarra successivi
sono armonia pura. Il finale del cantante è da brividi e da pelle d’oca.
-“Forever
In The Dark”, song filosofica come altre mai, mi ricorda molto il filosofo
greco Diogene, che cercava l’Essere Umano con il lanternino o Socrate che cercava
se stesso. Peraltro, testualmente, mi rammenta anche il lanternino di Luigi
Pirandello e del suo personaggio - del “Fu Mattia Pascal” - Anselmo Paleari,
papà di Adriana Paleari, alter ego al femminile, nonché desiderio di femminile,
quest’ultima, del protagonista Adriano Meis-Mattia Pascal: - “Un lanternino che
ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su
la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che proietta
tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è
l’ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse
acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch’esso si
mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte
perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi
piuttosto alla mercé dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della
nostra ragione?” (Luigi Pirandello - ‘Il Fu Mattia Pascal’).
Musicalmente,
sono sempre intriganti anche gli intermezzi di chitarra solista e di tastiera
solista; una cosa da non credere ( 😛 ) sono le atmosfere musicali da Messa e
non intendo musica classica da Messa, ma alludo proprio alle canzoni che si
cantano in Chiesa!
-“Heal
My Soul”, testualmente, vuole essere una invocazione a lasciare un doloroso
passato sepolto lì dov’è. Un vena ottimistica è sempre presente anche nei testi
più oscuri dei Derdian. Musicalmente si avverte un clima rock melodico AOR da
Bon Jovi (primo disco: “Runaway”, la canzone opener del disco), come pure
ricorda i migliori Place Vendome, anche nella solistica per chitarra elettrica.
Finale per pianoforte struggente…
-“Light
Of Hate”, quanto al testo, parla di infanzia infranta dalla violenza di un
padre brutale. Il punto di vista è quello di un bambino, i cui occhi vedono e
sentono l’orrore della violenza, anche sulla madre. Musicalmente, dopo un’inizio
di xilofono, torniamo al power metal melodico addizionato verso la fine con sempre
bei dialoghi tra tastiere e chitarre e di chitarre tra loro. Intenso e
significativo il cambio di tempo nell'ultimo ritornello.
-“Terror”,
canzone politica quant’altre mai, testualmente, ci parla delle trame oscure del
potere, controllo dei media e uso politico del terrorismo. Dal lato musicale, è
veloce e variegata nel ritmo, potente anche il suono di basso elettrico.
-“Limbo”,
la lunga title track, ha un testo criptico e piuttosto misterioso, tuttavia
ricco di fascino. Musicalmente l’inizio sembra strizzare l’occhio ai Dream
Theater di Metropolis Part Two - Scenes From A Memory, non in quanto vi siano
echi di armonie dei Dream Theater stessi, ma perché si beve alla fonte del loro
prog metal che innesta anche riverberi di world ed ethno music (penso al brano
orientaleggiante “Home” o anche The Dance Of Eternity” in cui vi è un innesto
di pianoforte a muro da sottofondo di cinema muto), che sembrano andare
completamente fuori tema e questa è l’idea che pervade la canzone metal “Limbo”,
almeno da principio, con le sue ritmiche di percussioni africane e tribali. Poi
è puro prog metal, con chitarre distorte di accompagnamento che possono
avvicinarsi allo stile di Michael Romeo dei mitici Symphony X nel loro album
metal “Paradise Lost”, ma che, peraltro, hanno sempre una timbrica del tutto
propria.
-“Kingdom Of Your
Heart”, testualmente, è una dichirazione d’amore, struggente quant’altre mai. Come
musica, troviamo una ariosa intro di pianoforte, cui si somma una chitarra che
suona come acustica e successivamente un potente speed metal. Peraltro, poi
cambi di ritmo e di tempo sottesi a una grande linea melodica.
-“Strange Journey”
ci narra di un viaggio, un viaggio nel tempo e metamusicale, nel senso che si
tratta di itinerario di una canzone dentro il mondo di una canzone. Grande
freschezza conferisce a questa canzone che parla di come si scrive una canzone
anche l’uso di una figura retorica: una bellissima sinestesia: Nothing now can
take a form / I see the music with my eyes / Since the time when I was born : Niente
ora può prendere una forma / Vedo la musica con i miei occhi / Dal momento in
cui sono nato. Musicalmente si torna a una sorta di AOR (con ritmi dispari,
inconsueto per questo tipo di musica 😊 ).
-“Hymn Of Liberty”,
come preannuncia il titolo stesso, dice della libertà, ma anche delle emozioni.
Quanto al lato
strumentale, c’è della maestria nei due chitarristi dei Derdian!
-“Silent Hope”, un
temporale introduce la composizione finale dell’ album metal: musica classica e
operistica si rinvengono in questa chiusa. Le liriche sono una chiusa politica che
fa da pendant alla precedente Terror, una chiusa con una speranza… una speranza
silenziosa, affinché una generazione più saggia - cito letteralmente – debba e
(possa) sopraggiungere!
In conclusione, questa
tra le altre recensioni metal, vuole sottolineare che, pur tra echi Helloweeniani
nelle strutture delle canzoni metal e Rhapsodiani nell’estetica, i Derdian si
stagliano nel panorama italiano come sopraffini fautori di un heavy che
richiama, in chiave accelerata e con sperimentazioni, la musica classica.