Recensioni metal : Frozen Crown, The Fallen King

Band: Frozen Crown
Album: The Fallen King
Etichetta: Scarlet Records
Anno: 2018
Componenti:
Giada “Jade” Etro (Voce solista, Cori)
Federico Mondelli (Voce, Chitarra ritmica e solista, Tastiere)
Talia Bellazecca (Chitarra ritmica e solista)
Filippo Zavattari (Basso, Cori)
Alberto Mezzanotte (Batteria, Programmazione)
Tracce:
1. Fail No More
2. To Infinity
3. Kings
4. I Am the Tyrant
5. The Shieldmaiden
6. Chasing Lights
7. Queen of Blades
8. Across the Sea
9. Everwinter
10. Netherstorm
Genere: Power Metal
Sito: http://www.scarletrecords.it/artists/frozen-crown/


Recensioni metal : The Fallen King dei Frozen Crown.


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Frozen Crown - The Fallen King




Giunge spontaneo domandarsi – non so se sia una domanda che mi pongo solo io – se chi fa recensioni metal, abbia mai provato a cimentarsi con uno strumento come la chitarra elettrica o la tastiera.




La domanda giunge impulsiva e spontanea anche perché, nella critica musicale metal, vi è chi dà giudizi tranchant e netti, che fanno supporre vi siano tanti maestri di musica, tra le fila di chi scrive riguardo al metal stesso.



Chiunque per esperienza abbia provato a suonare uno strumento sa, per certo, quanto sia difficile trarne qualcosa di veramente valido e bello. Ecco rispetto a quei recensori che, come si è detto altrove, parlano con facilità di poca originalità di una musica o direttamente di carattere derivativo di un gruppo, mi trovo invece molto più in sintonia con i critici musicali, per esempio di Metal.it  che non vedono cloni spesso e volentieri, ma senza volontà di adulare, si rendono conto della fatica e complessità del fare musica – in specie in ambito prog-power-metal – e tendono a premiare chi ha del talento da vendere.



Per scelta, in questo mio piccolo spazio di critica musicale, non esamino lavori che non mi convincano profondamente, non ne avrei tempo e possibilità, tuttavia voglio sperare che l’entusiasmo, ove se ne mostrerà alquanto, non sia scambiato per adulazione.

 
Oggi scrivo qualche riga su un gruppo metal giovane d’età e freschissimo anche di formazione (appena un paio d’anni o poco più): i Frozen Crown – (Encyclopaedia Metallum).

Parto subito considerando che non bisogna farsi impressionare dalla copertina del disco d’esordio di questo quintetto: la cover di “The Fallen King” è alquanto bruttina, anche coloristicamente, all’esatto contrario del disco e della musica metal che vi è contenuta, che è, invece un caleidoscopio di note variopinte.



Ignorando per un momento la copertina del CD, mi vengono in mente un sacco di immagini da un grande videogioco, la Saga “The Elder Scrolls”, in particolare l’episodio di “Oblivion” nel quale si parte dalla decadenza di una monarchia. Ma viene facile anche pensare alla serie televisiva “Game Of Thrones” e a tutto il decadentismo riferito al mondo della letteratura fantasy, di cui il mega romanzo di George R. R. Martin, rappresenta l’esempio più lampante.

Ebbene sì, con questo disco siamo all’interno di un mondo fantastico, fatto di miti di dei caduti e reami sconfinati, ma non si parla di J R R Tolkien e dei fasti del fantasy, quanto piuttosto della decadenza di questi miti a mondi con maggiori sfaccettature e intrighi alla George R. R. Martin; alla “Trono di Spade”, per capirci. Vi è, inoltre, un parallelismo fortemente metaforico con l’interiorità di ognuno di noi. Tutte le tematiche contenute nei testi si prestano a non definire con precisione quando si tratti di fantasy e quando, peraltro, di interiorità.



Quanto alla musica dei nostri, c’è chi tende ad accostare le melodie ‘accattivanti’ che pure sono presenti in questo album, all’idea che si tratti di musica ‘facile’, cioè dal facile ascolto, chi addirittura parla con una vera e propria contraddizione in termini di “pop metal”, per dischi simili a questo. Il metal, tuttavia, specie quello con venature prog, non è mai ‘pop’, termine che per me assume significato di ‘volgare’; come dal latino ‘vulgus’ - il popolino a cui propinare qualcosa di facile facile e poco impegnativo.



I dualismi di voce maschile e voce femminile dell’album in questione e il loro bel intrecciarsi mi ricordano, da vicino, una band per cui si è parlato, a torto a parere di chi scrive, di ‘pop’ metal; corrono alla mente le belle armonie vocali di Elize Ryde e Jake E. Berg: gli svedesi Amaranthe!



Dall’esordio del disco, con una raffica tremenda di veloci colpi di batteria (tom, rullante e doppia cassa e chi più ne ha più ne metta!) della song “Fail No More” fino al growl urlato e profondo di “Netherstorm” che conclude con la sola voce l’album, come dice bene un ottimo recensore di Metallized.it, il disco è una canzone ininterrotta. In buona sostanza un non-concept album dal punto di vista tematico, che, invece, è un perfetto concept-album dal punto di vista strumentale, anche con una chicca unica: iniziare con un solo di batteria e finire con la sola voce…

Molto interessante come scelta di qualità. Si tratta di una idea che ricorda da vicino - absit iniuria verbis, mutatis mutandis ed evitando i “de profundis” 😱 - i grandi prog-metallers Dream Theater che hanno fatto dell’incipit dei loro dischi che “attaccano” come finisce il CD precedente, una faccenda proverbiale!

Sul versante delle liriche, tutte in inglese, che dire: sono di una creatività spettacolare. Scritte a quattro mani dal polistrumentista e vocalist Federico Mondelli e dalla talentuosa cantante Giada “Jade” Etro, colpiscono oltre che per le assonanze e per come emergono nel cantato, anche per i contenuti evocativi e affascinanti.



Come non recensire questo album a quasi un mese dall’uscita del nuovo album 'Crowned In Frost', prevista per il 22 marzo?


I brani di questo CD, peraltro, al contrario dei Dream, sono, tutto sommato brevi, in termini di minutaggio delle tracce.



Con The Fallen King dei Frozen Crown ora passiamo, tuttavia, alla recensione metal track by track:




“Fail No More”,

con una rullata di batteria che sembra il finale di uno spettacolo di fuochi d’artificio – mentre, tutt’altro, è solo l’inizio – parte la opening track di questo formidabile esordio discografico. Tastiere sottotraccia danno la giusta importanza alle chitarre. Il cantato principale è di Federico Mondelli, cantante, chitarrista e tastierista, nonché compositore di musiche e testi. Il ritorno dei Re, il desiderio di non lasciarsi andare più al senso di sconfitta, nel testo apre a un’introspettiva ripresa dell’autostima e dell’amor proprio, che ognuno di noi dovrebbe sentire nel sé. Una canzone classica: dotata di strofa, bridge e ritornello. Con due assoli di chitarra assolutamente “epic” style nel finale.



“To Infinity”,

inizio che ricorda molto da vicino gli Amaranthe con la freschezza del loro primo album, come anche certi passaggi dei nostrani Temperance, a pura voce, però. Qui inizia il cantato vero e proprio di Giada (con voce duplicata e cori di Federico), potente ed intenso. Poeticissima parola “l’infinito”: il testo, in questo caso, più che voltarsi verso fallimenti del passato, guarda al futuro. Musicalmente, la chitarra di Federico Mondelli, usa sempre la sua originale timbrica per regalarci avvolgenti parti soliste.



“Kings”,

il loro singolo di grandissimo successo su Youtube, accelera il tempo e ci porta dritti dentro la dimensione allegorica dei miti norreni. Peraltro, ancora una volta di più, vi è la affascinante ambiguità di tentare di capire se sia il mito più vicino alla realtà ovvero la realtà più attigua al mito.






“I Am the Tyrant”,

pezzo da cui è estratto l’ultimo singolo. Sempre un successo su Youtube (non c’è un video musicale che non abbia una bella idea nella sceneggiatura, concept e scenografia di fondo). Rallenta di poco il ritmo; tuttavia viene introdotto un cantato tipo “growl”, anzi una voce mediana tra il “growl” e lo “scream”. Siamo di fronte a una classica cavalcata, che trae una qualche ispirazione, a parere di chi scrive, da quella – leggermente più famosa – delle Walchirie di Wagner. Da notare sempre l’originalità della timbrica del leader-chitarrista, non mi stancherò mai di rilevarlo.








“The Shieldmaiden”,

ritorna ad accelerare sul ritmo, dopo una breve intro di synth.  Il cantato maschile risulta in uno scream bello tirato. Con un ritornello molto coinvolgente, il brano oltre a un coro che è un vero inno, accenna a una donna guerriera. Dà un senso di misterioso non so che…





“Chasing Lights”,

ballatona, quant’altre mai, scritta dalla cantante Giada Etro, ci riporta a un’atmosfera di magia con il continuare a rincorcorrere e a rincorrersi di luci, probabilmente falene e lucciole d’estate.

All’improvviso, quasi come un vero concept album parte la successiva “Queen of Blades”. Che ne riprende il tema (non sto a ricordare Metropolis Part II – Scenes From A Memory dei Dream Theater).



“Queen of Blades”:

se non è concept finire una canzone come ne inizia un’altra o iniziarne una come finisce un’altra… Pezzo struggente e, tuttavia, veloce. Sicuramente il quadro più originale della galleria.



“Across the Sea”,

è introdotta da una tastiera e subito dopo da un passaggio di chitarra che, non so perché mi ricorda Zombie dei Cranberries; altra song scritta dalla bravissima e grintosa cantante, veramente poetica, anche per come è interpretata. Dovessimo fare un lessico di frequenza (un analisi di quanto ricorrono le parole e certe parole), troveremmo il verbo rincorrere o inseguire come veramente frequente e “ricorrente” 😏. Questa song prevede anche dei vocalizzi piuttosto difficili per la nostra cantante.



“Everwinter”,

già, che dire davanti all’incantesimo della neve… Questa canzone parla da sè: anche questa un singolo e un video musicale su Youtube, con un autentico successo. Anche con una strizzatina d’occhio agli Iron Maiden di “Run To The Hills”, nel testo 😉





“Netherstorm”,

la più cattiva, la più devastante ed aggressiva... gran finale e gran finale della recensione metal!
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